Le origini della pasta si perdono nella notte dei tempi
Le prime tracce della pasta emergono sotto forma di strumenti per la fabbricazione e la cottura, in una tomba etrusca. Già nei primi anni dopo Cristo il cuoco Apicio parla nel suo libro di cucina di qualcosa di simile alle lasagne e intorno all'anno Mille abbiamo la prima ricetta documentata di pasta, nel libro "De arte Coquinaria per vermicelli e maccaroni siciliani", scritto da Martino Corno, cuoco del potente Patriarca di Aquileia. Di certo la pasta era ben conosciuta nei paesi arabi, dove ancora oggi si parla di "makkaroni". Dai paesi arabi arrivò in Grecia e in Sicilia (allora colonia araba). Difatti Palermo è storicamente la prima vera capitale della pasta, perché qui si hanno le prime testimonianze storiche di produzione di pasta secca a livello artigianale-industriale. Nel 1150 il geografo arabo Al-Idrisi riferisce che a Trabia, a 30 km da Palermo, "si fabbrica tanta pasta in forma di fili, ["tria" in arabo], che viene esportata in tutte le parti, nella Calabria e in tanti paesi musulmani e cristiani anche via navi".
1279… "una bariscela de macaronis"
Prima citazione "ufficiale" della pasta: nell'inventario notarile di un'eredità appare "una bariscela (cesta) piena de macaronis". Un documento del 1244 e uno del 1316 attestano la produzione di pasta secca anche in Liguria. Tra 1400 e 1500 si diffonde in Liguria la produzione artigianale dei "Fidei" (pasta nel dialetto locale), come dimostra la nascita, nel 1574 a Genova, della Corporazione dei Pastai. Tre anni dopo a Savona viene costituita la "Regolazione dell'Arte dei Maestri Fidelari".
XVII secolo: il torchio meccanico
A Napoli la crescita demografica aggrava la situazione delle disponibilità alimentari e contemporaneamente una piccola rivoluzione tecnologica (la diffusione della gramola e l'invenzione dei torchio meccanico) consente di produrre pasta a prezzo più conveniente. Così la pasta diventa protagonista dell'alimentazione popolare. La vicinanza del mare, a Napoli, come in Liguria e Sicilia, facilita l'essiccazione, processo che consente la conservazione per un lungo periodo di tempo.
XVIII secolo: come si faceva la pasta?
A Napoli la pasta veniva preparata impastando la semola con i piedi. Il pastaio stava seduto su un lungo sostegno e nel frattempo impastava la semola. Il re di Napoli Ferdinando II non era contento di questo metodo di pastificazione e ingaggiò un famoso ingegnere (Cesare Spadaccini) per migliorarne il procedimento. Il nuovo sistema consisteva nell'aggiungere acqua bollente alla farina fresca macinata e al lavoro di impastatura con i piedi subentrò una macchina fatta di bronzo che imitava perfettamente il lavoro svolto dall'uomo. Nel 1740 la città di Venezia concede a Paolo Adami la licenza di aprire il primo pastificio. I macchinari erano abbastanza semplici. Consistevano in una pressa di ferro azionata da alcuni giovani ragazzi. Nel 1763 il Duca di Parma, Don Ferdinando di Borbone, concede a Stefano Lucciardi di Sarzana il diritto di privativa per 10 anni, per la produzione di pasta secca - "all'uso di Genova" - nella città di Parma.